Una riserva di 500 milioni di alberi

Nel territorio del Parco Nazionale dell’Appennino tosco-emiliano le foreste si estendono per oltre 19.000 ettari ricomprendo il 73% della sua superficie. Nel territorio  della Riserva di Biosfera “Appennino tosco-emiliano” si stima che le  foreste occupino  una superficie  di circa 250.000 ettari, pari al 51% della sua superficie (circa quanto l’intera superficie della Provincia di Reggio Emilia) e ospitino circa 500 milioni di alberi.

Sono foreste termofile e mesofile composte prevalentemente da roverella, cerro, carpino nero, frassino , faggio, abete bianco e impianti secolari di castagno. All’interno di questa grande riserva di alberi, vi sono alcune foreste che per valore naturalistico e storico-culturale hanno particolare rilievo.

Sfoglia la rivista Appenninus dedicata al valore di boschi

Le principali foreste dell’Appennino tosco-emiliano

  • Foresta del Brattello
  • Foresta dell’Alta Val Parma
  • Boschi della Valle del Dragone
  • Abetina Reale e Ozola
  • Boschi della Val di Tassaro
  • Castagneti di Marola
  • Foresta dell’Orecchiella

Resilienza ai cambiamenti climatici

L’intera comunità scientifica è concorde nel sostenere che l’area mediterranea dovrà fronteggiare gli impatti più significativi della crisi climatica e che sarà fra le aree più vulnerabili dell’intero pianeta con conseguenze e ripercussioni sul fronte ecologico, economico e sociale di grande rilievo già nel prossimo breve periodo.

A causa dell’aumento delle temperature massime stagionali e medie annuali, dell’alterazione delle precipitazioni e di eventi meteorologici estremi sempre più frequenti (gelate tardive, siccità e tempeste di vento), il cambiamento climatico del pianeta sta già avendo un impatto negativo evidente sulle foreste europee, in generale, e su quelle dell’Appennino, in particolare.

In questo scenario, anche le foreste dell’Appennino tosco-emiliano, se gestite in modo climaticamente efficiente, possono dare un contributo determinante nel contrastare il cambiamento climatico e nel mitigare, conseguentemente, i suoi effetti negativi sequestrando efficacemente anidride carbonica dall’atmosfera e stoccandola nel legno e nel suolo.

Essendo lo stoccaggio del carbonio influenzato dal modello gestionale localmente adottato e quindi delle modalità di intervento in foresta, solo una gestione sostenibile, responsabile e straordinariamente attenta alla massimizzazione dell’assorbimento della CO2 e alla conservazione degli stock di carbonio di ampie porzioni di foreste appenniniche  potrà contribuire in modo significativo al raggiungimento degli obiettivi di contrasto al cambiamento climatico.

Uomini e foreste

Il Centro Uomini e Foreste d’Appennino è un progetto culturale, articolato e complesso che si concretizza in un tavolo permanente di confronto e consultazione pubblica finalizzato a comprendere e condividere tra tutti i portatori di interesse, il ruolo delle foreste nel futuro.

Attraverso un percorso allargato a tutti i livelli decisionali, il Centro intende aumentare la consapevolezza sul ruolo delle foreste sulla portata delle attuali scelte gestionali tra i proprietari di foreste, i gestori, i tecnici e le imprese.

Un progetto che coinvolge una pluralità di soggetti appartenenti a istituzioni, al mondo scientifico, alle associazioni di categoria, al mondo produttivo, imprenditoriale, della formazione e della cultura che trova nel “Centro uomini e foreste d’Appennino” la sua anima e la sua forza propulsiva. Il Centro si propone inoltre di sviluppare soluzioni anche sul fronte delle azioni di contrasto e adattamento delle foreste al cambiamento climatico pur in un contesto gestionale come quello del territorio della Riserva MAB Appennino tosco-emiliano  orientato a produrre reddito.

Il decalogo della gestione delle foreste del Parco Nazionale dell’Appennino tosco-emiliano

Più foreste vetuste o più vetustà per i nostri boschi maturi: per accrescere biodiversità, differenziazione, resilienza, resistenza al cambiamento climatico, ciò soprattutto nelle riserve naturali e nelle proprietà demaniali.

Più accorpamento delle proprietà e delle gestioni, in forme consortili o usi civici, in modo da poter operare con superfici e quantità adeguate che consentano più economicità, efficienza e innovazione.

Nei piani di assestamento vecchi e nuovi, nel patrimonio dei beni di uso civico e dei consorzi, al fine di differenziare il patrimonio e il paesaggio, ridurre la frequenza dei tagli, poter disporre di legname più valido per usi più nobili, conservativi e a maggior valore aggiunto in termini di reddito e di lavoro (segheria, falegnameria…).

Innovare tecniche operative e strategie del taglio, al fine di ridurre la dispersione di CO2 dal suolo e migliorare le capacità di ricrescita.

Per far crescere la cultura d’impresa del bosco, responsabilità e qualità della gestione e partecipazione trasparente a tutte le filiere di utilizzo.

Affiancare progressivamente all’uso della legna da ardere la destinazione di una parte dei tagli a usi più nobili e più ricchi di valore aggiunto (legnami per paleria, recinzioni, parchi pubblici, installazione di attività di segheria, magari col sostegno di commesse pubbliche, acquisti verdi…).

Per crescere la cultura d’impresa del bosco, responsabilità e qualità imprenditoriale, tecnica, professionale di tutti gli operatori del bosco, in quanto addetti a beni e servizi di valore comune.

Per monitorare gli effetti dei cambiamenti climatici, favorire la biodiversità, la migrazione assistita delle specie, le attività di conservazione attiva.

Supportare i maggiori costi associati a modalità di gestione forestale più attente e conservative o eventuali rinunce volontarie al taglio di boschi da parte di privati, in coerenza con l’articolo 41 della Costituzione sull’obbligo di indennizzo alla proprietà privata per le limitazioni di interesse generale.

Creare tavoli tra pubblico, privato e sedi istituzionali adeguate mediante il Centro “Uomini e Foreste”, per governare la complessità degli interessi.